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LA CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ (CRPD)

La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) (e il suo protocollo opzionale A / RES / 61/106) è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 ed è stata ratificata dall’Italia con la Legge 18 del 3 marzo 2009.

La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità è stata ratificata da 191 Stati (fino a settembre 2024) mentre il Protocollo Opzionale alla Convenzione è stato ratificato da 106 Stati.

La Convenzione è strutturata in un preambolo, dove risultano anche le motivazioni che hanno portato al Trattato, e da 50 articoli, considera le persone con disabilità come “soggetti di diritto” prima che “soggetti bisognosi di assistenza”.

La Convenzione (CRPD) guida la politica internazionale e la legislazione degli Stati aderenti allo stesso trattato in materia di disabilità, promuovendo la cooperazione internazionale al fine di una società inclusiva.

Grazie all’attuazione della citata CRPD sono state messe in atto strategie politiche e programmi che promuovono l’uguaglianza, l’inclusione nella società e l’empowerment delle persone che vivono con uno o più tipi di disabilità e che secondo il Rapporto mondiale sulla disabilità pubblicato nel 2011 dall’OMS e dalla Banca Mondiale sono oltre il 15% della popolazione mondiale.

Ci piace ricordare, tra gli altri, l’Articolo 7 sui Minori con disabilità, secondo cui: (1) Gli Stati Parti adottano ogni misura necessaria a garantire il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte dei minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori.
(2) In tutte le azioni concernenti i minori con disabilità, il superiore interesse del minore costituisce la considerazione
preminente.
(3)  Gli Stati Parti garantiscono ai minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori, il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni su tutte le questioni che li riguardano e le loro opinioni sono debitamente prese in considerazione, tenendo conto della loro età e grado di maturità, assicurando che sia fornita adeguata assistenza in relazione alla disabilità e all’età, allo scopo di realizzare tale diritto.

Salute mentale e accesso alle cure: una sfida ancora aperta

Non possiamo inoltre non precisare che, nonostante la crescente consapevolezza sui diritti delle persone con disabilità, ancora oggi, milioni di persone con disturbi mentali in tutto il mondo continuano a soffrire per l’impossibilità di accedere a cure sanitarie di qualità.

I disturbi mentali sono di diverso tipo e includono:

  • depressione (che colpisce circa 300 milioni di persone, per lo più donne),
  • disturbo affettivo bipolare,
  • schizofrenia e altre psicosi,
  • demenza,
  • disabilità intellettive,
  • disturbi dello sviluppo incluso l’autismo.

Secondo la World Health Organization (WHO), i fattori determinanti della salute mentale e dei disturbi mentali includono  non solo attributi individuali come la capacità di gestire i propri pensieri, emozioni, comportamenti e interazioni con gli altri, ma anche fattori sociali, culturali, economici, politici e ambientali come politiche nazionali, protezione sociale, standard di vita, condizioni di lavoro e supporto della comunità. Inoltre, fattori che contribuiscono ai disturbi mentali sono anche lo stress, la genetica, la nutrizione, le infezioni perinatali e l’esposizione ai rischi ambientali.

Oggi esistono strategie efficaci per prevenire disturbi mentali e trattamenti efficaci per alleviare la sofferenza causata da tali disturbi ma in ciò l’assistenza sanitaria e i servizi sociali hanno un ruolo fondamentale e devono essere in grado di garantire cure adeguate ed assistenza. Gli studi ci dicono ad esempio che i programmi di prevenzione riducono la depressione, sia per i bambini che per gli adulti (a titolo esemplificativo e non esaustivo sia bastevole considerare per i primi, la protezione e il sostegno psicologico nei casi di abusi fisici e sessuali e per i secondi l’assistenza psicosociale dopo disastri e conflitti).

Sempre secondo la citata World Health Organization, i sistemi sanitari non hanno ancora risposto adeguatamente al problema dei disturbi mentali. Sicché, il divario tra la necessità di trattamento e la sua offerta è ancora ampio in tutto il mondo. Nei paesi a basso e medio reddito, la percentuale delle persone con disturbi mentali che non riceve alcun trattamento per il loro disturbo oscilla tra il 76% e l’85% ed in quelli ad alto reddito, tra il 35% e il 50%. A ciò deve aggiungersi in molti casi la scarsa qualità delle cure di coloro che ricevono un trattamento.

Le persone con malattie mentali hanno necessità non soltanto di supporto sociale e assistenza ma spesso anche di sostegno per accedere a programmi educativi necessari alle loro esigenze per trovare lavoro, alloggio e potersi integrare nella società.

Il Piano d’Azione per la Salute Mentale dell’OMS per il 2013-2020, approvato dall’Assemblea Mondiale della Sanità nel 2013, riconosce il ruolo essenziale della salute mentale nel raggiungimento della salute per tutte le persone.

Il piano include 4 obiettivi principali:

  1. Leadership e governance più efficaci per la salute mentale.
  2. La fornitura di servizi completi e integrati di salute mentale e assistenza sociale basati sulla comunità.
  3. L’attuazione di strategie per la promozione e la prevenzione.
  4. Sistemi d’informazione rafforzati, prove e ricerca.

La sfida per il futuro

L’auspicio è quello di vedere realizzati tali obiettivi, nel più breve tempo possibile in particolare nel nostro Stato dove, anche sotto il profilo legislativo, si rendono necessari interventi mirati al potenziamento della rete dei servizi al fine di garantire prevenzione, assistenza e cura alle persone con disabilità mentale. Ciò, anche in considerazione del fatto che l’Italia è tra i Paesi con più anziani al mondo, ed in un futuro oramai non molto lontano la popolazione sarà costituita prevalentemente da
persone anziane, con le ovvie problematiche di disabilità mentale derivanti dall’età.

Avv. Donatella De Caria del Foro di Roma

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