Revisione assegno di mantenimento della figlia maggiorenne
REVISIONE ASSEGNO DI MANTENIMENTO DELLA FIGLIA MAGGIORENNE: NECESSARIO IL CONFRONTO TRA LE RISORSE ECONOMICHE DI CIASCUN GENITORE PER ACCERTARE L’EFFETTIVA ALTERAZIONE DELL’EQUILIBRIO ESISTENTE AL TEMPO DELLA SENTENZA DI SEPARAZIONE
(Corte di Cassazione Sez. VI -1, 29/12/2021, ord. 41919)
“In tema di separazione personale dei coniugi, l’efficacia di giudicato da riconoscersi, sia pure rebus sic stantibus, alle condizioni economiche stabilite dalla relativa sentenza alla stregua della situazione di fatto esistente all’epoca della sua pronuncia comporta che, nel caso in cui venga proposta domanda di revisione delle predette condizioni, ai sensi dell’art. 710 c.p.c., deve primariamente verificarsi se l’equilibrio economico tra le parti esistente al momento della decisione risulti cambiato a causa della sopravvenienza di nuove circostanze che non avrebbero potuto essere tenute presenti in quella sede, ed in caso positivo provvedere all’adeguamento dell’importo dell’assegno o dello stesso obbligo di contribuzione, in relazione alla nuova situazione patrimoniale e tale principio si applica anche all’assegno di mantenimento dei figli minori o di quelli maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti, il cui importo deve risultare idoneo a garantire all’avente diritto la soddisfazione di molteplici esigenze non limitate al solo aspetto alimentare, ma estese anche a quello abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, in misura adeguata alla sua età e al tenore di vita della famiglia, quale può desumersi dalla valutazione delle risorse economiche disponibili da parte di entrambi i genitori”
LA VICENDA PROCESSUALE:
In un procedimento di modifica delle condizioni di separazione personale, il Tribunale di Palermo, su istanza del marito, ha revocato l’assegnazione della casa coniugale alla moglie, ridotto l’assegno posto a carico del padre per il mantenimento della figlia maggiorenne ma non ancora economicamente autosufficiente e convivente con la madre, rigettando la domanda riconvenzionale, proposta dalla donna, di determinazione delle spese straordinarie sostenibili senza il consenso del coniuge.
Avverso tale decisione l’ex marito ha proposto reclamo alle Corte d’Appello di Palermo, che lo ha rigettato.
Successivamente l’uomo ha proposto ricorso per Cassazione articolandolo in tre motivi ed i Giudici Supremi hanno dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, rigettato il terzo, accolto il secondo e dunque hanno cassato il decreto impugnato, in relazione alle censure accolte e rinviato alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione.
MOTIVI DELLA DECISIONE:
- Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la nullità del decreto impugnato, per violazione e/o falsa applicazione dello 112 c.p.c., contestando che la Corte d’appello ha omesso di pronunciare in ordine al motivo di reclamo concernente la revoca dell’assegnazione dell’arredo della casa coniugale, avendo qualificato la relativa domanda come domanda restitutoria, in realtà mai proposta, ed essendosi conseguentemente limitata a rilevarne l’estraneità alla competenza funzionale del giudice della separazione.
La Corte ha ritenuto tale motivo di ricorso inammissibile poiché ai fini della configurabilità del vizio di omessa pronuncia è necessaria la totale pretermissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, mentre nel caso di specie la richiesta di revoca dell’assegnazione dell’arredo della casa coniugale è stata dichiarata espressamente inammissibile dal decreto impugnato.
Inoltre, la Corte ha rilevato che un giudizio sull’erronea qualificazione della domanda costituisce un’operazione riservata al giudice di merito, il cui risultato è sindacabile in sede di legittimità esclusivamente per incongruenza o illogicità della motivazione, nei limiti in cui tali vizi sono ancora deducibili come motivi di ricorso per Cassazione e che i predetti vizi non sono stati in alcun modo dedotti dal ricorrente.
- Con il terzo motivo, che è stato esaminato prima del secondo dalla Suprema Corte, ritenendolo logicamente prioritario rispetto a quest’ultimo, il ricorrente lamenta la nullità del decreto impugnato per violazione e/o falsa applicazione dell’ 112 c.p.c., rilevando che la Corte d’Appello ha omesso di pronunciare sul motivo di reclamo con cui era stata dedotta l’omessa comparazione delle situazioni economiche delle parti, ai fini della riduzione dell’assegno di mantenimento.
Tale motivo viene ritenuto infondato dai Giudici Supremi poiché in merito alla modifica dell’assegno di mantenimento determinato in sede di separazione, la Corte d’Appello non ha omesso di decidere sulla domanda di riduzione proposta dal ricorrente, ma al contrario ne ha confermato l’accoglimento parziale, nella misura già stabilita dal Tribunale.
- Con il secondo motivo l’ex marito deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 337-ter c.p.c., rilevando che, ai fini della rideterminazione dell’assegno di mantenimento, i Giudici di secondo grado hanno omesso di procedere ad una valutazione comparativa delle situazioni economiche delle parti, risultanti dalla relazione depositata dal c.t.u. nominato in primo grado e si sono limitati a prendere in esame i redditi ed il patrimonio dello stesso ricorrente e che ai fini della valutazione delle esigenze economiche della figlia, la Corte d’appello si è inoltre limitata a dare atto della crescita della stessa, senza considerare che successivamente all’assegnazione della causa in decisione la figlia ha completato gli studi universitari e ha intrapreso la pratica forense presso lo studio del ricorrente stesso, omettendo inoltre di valutare la riduzione dei compiti di assistenza gravanti sulla madre, per effetto dell’età ormai raggiunta dalla figlia, nonché gli effetti economici negativi dell’emergenza sanitaria da Covid-19, sopravvenuta nelle more tra la chiusura della discussione e il deposito del decreto impugnato.
I Giudici della Suprema Corte hanno ritenuto questo secondo motivo parzialmente fondato, infatti in tema di separazione personale dei coniugi, l’efficacia di giudicato da riconoscersi, sia pure rebus sic stantibus, alle condizioni economiche stabilite dalla relativa sentenza alla stregua della situazione di fatto esistente all’epoca della sua pronuncia comporta che, nel caso in cui venga proposta domanda di revisione delle predette condizioni, ai sensi dell’art. 710 c.p.c., deve primariamente verificarsi se l’equilibrio economico tra le parti esistente al momento della decisione risulti cambiato a causa della sopravvenienza di nuove circostanze che non avrebbero potuto essere tenute presenti in quella sede, ed in caso positivo provvedere all’adeguamento dell’importo dell’assegno o dello stesso obbligo di contribuzione, in relazione alla nuova situazione patrimoniale e tale principio si applica anche all’assegno di mantenimento dei figli minori o di quelli maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti, il cui importo deve risultare idoneo a garantire all’avente diritto la soddisfazione di molteplici esigenze non limitate al solo aspetto alimentare, ma estese anche a quello abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, in misura adeguata alla sua età e al tenore di vita della famiglia, quale può desumersi dalla valutazione delle risorse economiche disponibili da parte di entrambi i genitori.
Dunque, tali principi, che sono il risultato di una costante e maggioritaria giurisprudenza, secondo la Suprema Corte non sono stati correttamente applicati al caso di specie dai Giudici di secondo grado ed infatti gli stessi hanno confermato la decisione dei giudici di primo grado e dunque ribadito la riduzione dell’assegno di mantenimento a favore della figlia come stabilita in quella sede considerando esclusivamente la situazione reddituale e patrimoniale del marito, come accertata dal c.t.u. nominato in primo grado, omettendo di procedere al necessario confronto tra le risorse economiche in possesso di quest’ultimo e quelle disponibili da parte dell’ex moglie, così da accertare la modifica dell’equilibrio esistente al tempo della pronuncia in primo grado.
In merito all’omessa considerazione della laurea conseguita dalla figlia maggiorenne e delle condizioni economiche determinate dall’epidemia da virus Covid – 19, invece, detto decreto della Corte d’Appello non merita censura poiché tali fatti si sono verificati successivamente all’assegnazione della causa in decisione.
Inoltre, la Corte precisa che tali nuove circostanze e la loro relativa incidenza sulle esigenze dell’avente diritto all’assegno e sulla situazione reddituale e patrimoniale dei genitori potrà essere eventualmente valutata nel giudizio di rinvio, quale fatto nuovo, incidente sulla posizione delle parti, e non suscettibile di utile allegazione nelle precedenti fasi processuali.
Studio Legale Avvocato Donatella De Caria
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