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L’mpugnazione di una disposizione testamentaria deve fondarsi su fatti certi

“Il ruolo preminente della volontà testamentaria impone di non ritenere sufficienti – al fine di poter affermare che essa sia affetta da dolo o c.d. captatio benevolentiae – mere influenze psicologiche sul testatore, quali blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni, essendo invece necessario provare l’utilizzo di veri e propri mezzi fraudolenti tali da trarlo in inganno, suscitando nel medesimo false rappresentazioni e indirizzando la sua volontà in un senso in cui spontaneamente non si sarebbe orientata”

Il quadro giurisprudenziale di riferimento è consolidato nel senso che “In tema di impugnazione della disposizione testamentaria che si assuma effetto di dolo, la prova della captazione, pur potendo essere presuntiva, deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l’attività capta/aria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore”(Cass. Civ. Sez. 2, n. 824 del 16/01/2014).

Gli elementi a cui ricorre la giurisprudenza al fine di verificare la sussistenza di “undue influence”: 1) una relazione di fiducia tra il testatore e chi esercita influenza su di lui; 2) l’intervento della persona di fiducia nella preparazione o nella redazione del testamento; 3) la suscettibilità del testatore all’attività captatoria, in ragione dell’età e delle sue condizioni mentali e fisiche; 4) la realizzazione di un’attribuzione “innaturale”, a favore della persona di fiducia, per cui quanto più sia inaspettata l’attribuzione testamentaria effettuata, più ci saranno possibilità che sia frutto di influenza indebita. Inoltre, occorre considerare e se e in che misura il beneficiario della disposizione testamentaria abbia potuto disporre del controllo degli affari economici e legali del testatore anche per il tramite di persone diverse, da quella che si presume abbia esercitato influenza sul testatore, in grado di prestargli assistenza finanziaria o legale. In altre parole il rispetto assoluto della volontà del testatore impone di non ritenere sufficiente una qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore, eventualmente mediante blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni, al fine di potersi affermare che una disposizione testamentaria sia affetta da dolo (o c.d. captatio benevolentiae), poiché occorre invece la provata presenza di veri propri mezzi fraudolenti, i quali – con riguardo all’età, allo stato di salute e alle condizioni di spirito dello stesso – siano idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata. Tale prova, afferma la Cassazione, può avere anche natura presuntiva, ma essa deve comunque fondarsi su fatti certi, che consentano di identificare e ricostruire l’attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore. Dunque, in assenza della dimostrazione dei suddetti mezzi fraudolenti, non è consentito confondere (e sostituire) questi ultimi con (la prova di) atteggiamenti di piaggeria, blandizia e affettuosità, i quali, sebbene appaiano eticamente discutibili, tuttavia, non integrano la previsione di legge (Cass. 11.04.2017 n. 9309.)”Ai fini del convincimento del giudice in ordine alla capacità del testatore, può essere rilevante anche la forma con cui è stato redatto il testamento”

La sentenza del Tribunale di Monza affronta una questione molto interessante che trova conferma nella giurisprudenza di legittimità richiamata dallo stesso Tribunale, di cui, per completezza, si riportano le massime.

Cass. Civ. Sez. 2, n. 824 del 16/01/2014: in tema di impugnazione di una disposizione testamentaria che si assuma effetto di dolo, per potere configurarne la sussistenza non è sufficiente qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore mediante blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni, ma occorre la presenza di altri mezzi fraudolenti, i quali – avuto riguardo all’età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito dello stesso – siano idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata; altresì, che la relativa prova, pur potendo essere presuntiva, deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire la attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore (cfr. Cass. 28.5.2008, n. 14011 e Cass. 22.4.2003, n. 6396, precedenti debitamente richiamati del giudice d’appello).

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Cassazione civile sez. II, 11/04/2017, n.9309

In tema di testamento, non è sufficiente dimostrare una qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul soggetto, se del caso mediante blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni, occorrendo la provata presenza di veri e propri mezzi fraudolenti, che suscitino nel soggetto false rappresentazioni, orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente orientata.

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