La nascita di un figlio non determina la revoca dell’assegno di divorzio
(Cass. civ., sez. VI, ord., 4 settembre 2020, n.18522)
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18522, depositata il 4 settembre 2020, ritorna sull’assegno divorzile ed afferma che la realizzazione di un nuovo nucleo familiare da parte di uno degli ex coniugi costituisce una circostanza sopravvenuta (rispetto a quelle prese come riferimento in sede divorzile), che può considerarsi idonea ad incidere su eventuali modifiche delle condizioni di divorzio, soltanto se considerata correlativamente agli ulteriori parametri della legge.
Più precisamente, i Giudici supremi, nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto da un ex coniuge avverso il provvedimento della Corte d’appello di L’Aquila- che accogliendo il reclamo dell’ex consorte aveva respinto la propria domanda di revoca dell’assegno divorzile- ribadisce un principio già espresso in precedenza , secondo cui: “il diritto alimentare del coniuge beneficiario non è recessivo rispetto a quello dei nuovi figli e che “l’attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva sopravvenuta possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte e ipotetiche (così Cass. n. 789/2017citata)”.
Il caso processuale
Il Tribunale di Chieti pronuncia con sentenza definitiva (n. 715/2012) la cessazione degli effetti civili contratti da due coniugi, gravando l’ex marito dell’obbligo di versare in favore dell’ex moglie l’assegno divorzile che determina nell’importo di euro 400,00 mensili .
- Dopo alcuni anni, l’uomo propone ricorso per la modifica delle condizioni di divorzio, innanzi al medesimo Tribunale, invocando la revoca dell’obbligo di versare il predetto assegno di divorzio e ne ottiene l’accoglimento;
- Avverso tale provvedimento, l’ex moglie propone reclamo dinnanzi la Corte d’Appello di L’Aquila, che riforma, con decreto, la decisione di revoca dell’assegno divorzile, rigettando la domanda del marito;
- Il marito propone quindi ricorso per Cassazione avverso il predetto decreto della Corte di L’Aquila, censurando la decisione per violazione e falsa applicazione degli artt. 156-2697 c.c., in relazione all’art. 710 c.p.c. e all’art. 9, L. n. 898 del 1970
Il ricorrente si duole delle circostanza che, a suo dire, la Corte territoriale avesse omesso di valutare la possibilità dell’ex moglie di ricercare un lavoro, essendone abile, ed anche di valutare la propria condizione aggravata dall’esistenza di figli con altra donna”. Deduce inoltre che il contributo di mantenimento divorzile non deve essere “un beneficio a vita” e non può tradursi in un’entrata economica di privilegio, ove l’ex coniuge beneficiaria sia in grado di lavorare, comunque incombendo in capo a quest’ultima l’onere di provare l’impossibilità di trovare un’occupazione lavorativa.
A sostegno delle proprie tesi, il ricorrente richiama, tra l’altro, la sentenza della Cassazione n. 789/2017, i cui principi, a suo dire, erano stati disattesi dalla Corte territoriale.
Invero, i supremi giudici, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, rilevano come le censure non tengano presente l’iter argomentativo principale espresso dalla Corte territoriale e come, il ricorrente, sotto la denuncia apparente del vizio di violazione legge, chieda, in realtà, una rivisitazione del merito, non ammesso in cassazione.
La Corte suprema evidenzia, inoltre, come il richiamo del ricorrente alla sentenza della n. 789/2017 non sia pertinente , posto che in detta pronuncia si afferma il principio (opposto), secondo cui: “il diritto alimentare del coniuge beneficiario non è recessivo rispetto a quello dei nuovi figli e che “l’attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva sopravvenuta possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte e ipotetiche” (così Cass. n. 789/2017 citata)”.
In buona sostanza , secondo i giudici di legittimità, la Corte territoriale ha effettuato la valutazione di merito in ordine all’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, mentre le doglianze articolate dal ricorrente riguardano argomentazioni inconferenti rispetto al caso concreto, secondo quanto accertato dai Giudici d’appello, e neppure riguardano gli altri parametri di legge, come individuati ed interpretati dalla giurisprudenza di legittimità più recente, secondo la quale, l’assegno di divorzio ha una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 (Cass. Sez. U., 11/07/2018, n. 18287; Cass., 23/01/2019, n. 1882).