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Abusi domestici: come allontanare il familiare violento

Quando meccanismi di complessa conflittualità, fino a maltrattamenti di vario genere, si innescano tra le mura domestiche si mette in moto un circolo vizioso che rende spesso difficile la possibilità per la vittima di sottrarsi al familiare violento.

Gli studi in materia evidenziano che il cosiddetto ciclo della violenza è costituito da una continua alternanza tra momenti di tensione via via crescenti e momenti di calma, almeno apparente.

Ciò innesca nella vittima la tendenza a sopportare le violenze per raggiungere lo stadio della momentanea tranquillità, nella speranza, spesso vana, che gli abusi possano cessare.

La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla.

Benedetto Croce

L’ordine di allontanamento del familiare violento

Alla vittima di violenza domestica l’ordinamento giuridico riconosce il diritto di ricorrere al giudice in sede civile – senza dover necessariamente denunciare il familiare – e di ottenere un ordine di protezione, con il quale viene imposta la cessazione della condotta pregiudizievole e l’allontanamento del familiare violento.

La legge 4 aprile 2001, n.154 ha infatti introdotto nel nostro ordinamento gli ordini di protezione contro gli abusi familiari.

Con tale legge hanno visto la luce gli articoli 342 bis e 342 ter (successivamente modificati) e l’art.739 bis del codice di procedura civile a protezione di chi è vittima di condotte violente in ambito domestico.

Cosa deve fare la vittima di violenza domestica se non vuole denunciare l’aggressore violento?

Può rivolgersi con ricorso al tribunale del luogo di propria residenza o domicilio e chiedere un provvedimento di allontanamento della persona che ha posto in essere la condotta violenta.

Cosa succede poi?

Se ricorrono i presupposti, il giudice emette un ordine di protezione ed ordina al coniuge, al convivente o al familiare la cessazione della condotta violenta ed il suo allontanamento dall’abitazione.

Può anche prescrivere, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona che ha chiesto la misura di protezione. In particolare

  • luogo di lavoro
  • domicilio della famiglia d’origine
  • domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone
  • in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia

salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.

Con lo stesso provvedimento il giudice, ove occorra, può disporre

  • l’intervento dei servizi sociali del territorio
  • di un centro di mediazione familiare
  • di associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati.

Infine, il giudice può anche imporre al destinatario del provvedimento il pagamento di un assegno mensile a favore delle persone conviventi che, per effetto dell’allontanamento, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento. Può anche prescrivere che l’assegno venga versato a coloro che ne hanno diritto dal datore di lavoro del familiare allontanato, detraendo la somma dalla retribuzione.

Quanto tempo dura la misura di protezione?

Nel decreto con il quale pronuncia l’ordine di allontanamento, il giudice deve stabilire la durata della misura. Essa non può superare l’anno dal giorno in cui viene eseguita (da quando, cioè, il coniuge o il convivente viene allontanato). Può essere prorogata, su domanda dell’interessato, soltanto se ricorrano gravi motivi, per il tempo strettamente necessario.

Cosa succede se il familiare violento non vuole lasciare l’abitazione?

Nel decreto con il quale pronuncia l’ordine di protezione, il giudice indica le modalità per la sua attuazione. Può disporre i provvedimenti più opportuni tra i quali, anche, l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.

Quanto dura il giudizio?

Lo schema giuridico è quello del provvedimento cautelare d’urgenza. Viene emesso in contraddittorio tra le parti o, nei casi in cui sia necessario agire senza ritardo, anche senza convocazione dell’intimato. Questo onde evitare di compromettere l’efficacia dell’ordine di protezione.

Quali sono i comportamenti violenti per cui si può chiedere la misura di protezione?

I comportamenti per i quali si può chiedere l’intervento del giudice non sono stati stabiliti tassativamente proprio per permettere una maggiore flessibilità dell’istituto. Vi rientrano quindi vari tipi di condotta:

  • l’aggressione all’incolumità fisica
  • la violenza morale e psicologica
  • le costrizioni
  • le minacce
  • i maltrattamenti
  • gli abusi sessuali
  • la privazione e la menomazione della libertà di movimento e di determinazione.

E’ stato posto piuttosto l’accento sul pregiudizio che la condotta può arrecare all’integrità o alla libertà fisica o morale del soggetto passivo dell’abuso. Il pregiudizio è ravvisabile infatti non soltanto quando il danno si è già verificato, ma anche quando vi è grave pericolo che si verifichi. La tutela non deve limitarsi alla fase repressiva, ma può e deve essere anche preventiva.

Naturalmente, l’apprezzamento della sussistenza del grave pericolo è rimesso alla valutazione del giudice.

Presupposti dell’ordine di protezione

L’ordine di protezione è teso alla tutela dell’adulto, vittima di abuso nell’ambito familiare. Quindi può essere pronunciato nei confronti del coniuge ma anche del convivente more uxorio.

Il presupposto è che tra la vittima e l’aggressore vi sia stabile convivenza.

Un altro presupposto è l’esistenza di un pregiudizio grave all’integrità fisica, “morale” o alla “libertà personale”. Si pensi, ad esempio, a violente aggressioni verbali e minacce di arrecare mali ingiusti. L’integrità morale è intesa come «un “vulnus” alla dignità dell’individuo di entità non comune, o per la particolare delicatezza dei profili della dignità stessa concretamente incisi, o per le modalità – forti – dell’offesa arrecata, o per la ripetitività o la prolungata durata nel tempo della sofferenza patita dall’offeso» (Tribunale di Bari, sentenza 28/07/2004, in Corriere del Merito, 2005, 3, 275).

Può essere allontanato un figlio?

Sì. In giurisprudenza esistono casi nei quali tale misura è stata applicata anche nei confronti del figlio convivente (es. l’ordinanza del Tribunale di Modena del 30 maggio 2006).

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