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La Cassazione dice sì all’adozione mite che non interrompe definitivamente il legame con i genitori biologici.

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE RICONOSCE LA POSSIBILITÀ DELLA c.d. ADOZIONE MITE (CASS. CIV., SEZ. I, ORD., 22/11/2021, N. 35840)

 

L’adozione legittimante è l’extrema ratio, a cui si perviene allorché non si ravvisa alcun interesse per il minore di conservare una relazione con i genitori biologici, per lo stato di abbandono in cui questi si trova o per il grave danno che il perdurare del relativo legame potrebbe recare allo sviluppo equilibrato della sua personalità individuale. Se il preminente interesse del minore lo richiede, dunque, occorre pur sempre “verificare la possibilità” e concreta percorribilità di un modello di adozione compatibile con la non recisione dei legami con il genitore biologico”.

LA VICENDA PROCESSUALE:

Il Tribunale per i minorenni di Venezia nel 2019 dichiarava lo stato di adottabilità di tre fratelli minori

I genitori dei minori impugnavano detto provvedimento alla Corte di Appello di Venezia, la quale però confermava la decisione dei giudici di primo grado. Infatti, nonostante il CTU fosse giunto alla conclusione di indicare l’applicazione in fattispecie della c.d. adozione mite, la Corte territoriale evidenziava che tale istituto non è previsto dalla legislazione vigente e confermava quindi lo stato di adottabilità dei minori tenendo conto del fatto che il padre risultava affetto da una patologia psichiatrica e che la madre era a sua volta affetta da una “forma di disturbo ansioso” e che il reddito di entrambi i genitori risultava a dir poco esiguo.

Nonostante questo, i Giudici di secondo grado hanno precisato che il legame tra i fratelli doveva essere tutelato e dunque hanno previsto regolari contatti reciproci con cadenza almeno settimanale, anche se collocati in famiglie diverse.

I genitori dei minori hanno quindi proposto ricorso per Cassazione sollevando otto motivi e la Suprema Corte ha accolto il primo, il secondo ed il sesto motivo di ricorso, ritenendo assorbiti gli altri e rinviando la controversia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione,

MOTIVI DELLA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE:

I motivi di ricorso sollevati dai genitori dei minori che interessano per il tema di cui si tratta sono il primo ed il secondo:

  • Primo motivo: “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5 per non avere la Corte di Appello pronunciato sulla domanda tesa a ottenere il mantenimento dei contatti coi genitori, nonostante le chiare risultanze della CTU in tal senso”.
  • Secondo motivo: “nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per non avere la Corte di Appello pronunciato sulla domanda subordinata tesa alla pronuncia di “adozione mite o aperta” e sulla domanda dei ricorrenti e del Procuratore generale resa al mantenimento dei rapporti figli – genitori”.

I ricorrenti in particolare articolano così i due motivi: I Giudici di secondo grado non hanno considerato nessuna misura tesa  a “mitigare” gli effetti della dichiarazione di adottabilità, oltre quella che consente di mantenere il rapporto con i fratelli. In questo modo i Giudici non hanno tenuto conto del pregiudizio, evidenziato anche in sede di c.t.u., che i minori potrebbero subire sia a livello psicologico che psicopatologico conseguentemente alla totale rottura di ogni rapporto con i genitori naturali.

I genitori dei minori evidenziano poi che esiste ormai da tempo un orientamento giurisprudenziale secondo il quale lo stato di adottabilità del minore non implica necessariamente la totale rottura di ogni legame con i genitori naturali, facendo rifermento alla nozione di “semi-abbandono permanente”. Questa è una figura che va tenuta in considerazione in tutti quei casi in cui la famiglia di origine, pur carente, ha nella vita del minore un ruolo in un certo qual modo positivo e dunque  l’interesse del minore verrebbe rispettato non eliminando del tutto il legame dello stesso con i genitori naturali.

I due motivi sopra citati vengono accolti ed esaminati congiuntamente dalla Corte di Cassazione, poiché entrambi riguardano la figura dell’adozione c.d. mite.

I Giudici Supremi ritengono che la motivazione della Corte d’Appello, in base alla quale l’adozione c.d. mite non troverebbe riscontro nella normativa vigente, non tiene conto di un orientamento giurisprudenziale che negli ultimi anni si è consolidato e del fatto che questo istituto trova il suo fondamento nella norma della L. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d), che è da intendere come “clausola di chiusura del sistema”.

La Suprema Corte, inoltre, delinea gli elementi che differenziano la forma di adozione c.d. piena, la quale è “costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello di sangue, con definitivo ed esclusivo inserimento in una nuova famiglia” del minore, e quella c.d. mite che invece non ha natura costitutiva poiché scaturisce un vincolo di filiazione giuridica che si sovrappone a quello di sangue, non estinguendo il rapporto del minore con la famiglia di origine, nonostante la responsabilità genitoriale venga trasferita in capo ai genitori adottivi (Cass. Sezioni Unite, 13 maggio 2020, n. 8847).

I Giudici riportano alcune sentenze della Suprema Corte a sostegno della propria motivazione:

  • La sentenza n. 12962 del06.2016 con la quale è stato chiarito che l’adozione in casi particolari può essere dichiarata anche a prescindere dalla sussistenza di una situazione di abbandono del minore adottando e che anche in tale caso la ratio dell’istituto è l’effettiva realizzazione degli interessi del minore.
  • La sentenza n. 3643 del 13.02.2020 che ha puntualizzato che la natura di ipotesi residuale e aperta dell’art. 44, lett. d), consente dunque al sistema vigente di riconoscere forme e tipologie diverse di adozione del minore.
  • La sentenza n. 1476 del 25.01.2021 con la quale è stato messo in evidenza che un sistema che prevede diversi modelli e tipologie di adozione in realtà si pone in linea con l’orientamento della Corte Europea in base al quale il diritto prioritario del minore di solito è quello di mantenere nei limiti del suo best interest i rapporti con la famiglia d’origine e dunque vanno privilegiati i modelli di adozione che recidano il meno possibile i legami con la famiglia naturale.

Quindi, il modello dell’adozione mite sembra essere idoneo per i casi di abbandono semipermanente, ossia in quei casi nei quali seppure la famiglia d’origine risulta affetta da gravi problematicità e fragilità, il rapporto affettivo con il minore risulta significativo.

In base a quanto sopra specificato si può allora ritenere che l’adozione legittimante è l’extrema ratio, a cui si deve ricorrere solo qualora sia evidente che è nell’interesse del minore recidere ogni legame con la famiglia naturale, poiché al contrario sarebbe solo esposto al rischio di un grave pregiudizio causato dal mantenimento dei rapporti.

Dunque, nel caso di specie, la Corte di Appello di Venezia avrebbe dovuto procedere ad accertare se e come, nella specie, fosse possibile il mantenimento del rapporto affettivo coi genitori biologici con l’accoglienza in un nuovo nucleo familiare, nel prioritario interesse del minore.

 

 

 

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